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Aprire una partita iva per videomaker

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Cosa fa un videomaker?

La risposta può sembrare semplice e banale. Tecnicamente un videomaker realizza video. In poche parole, è un professionista che si occupa del linguaggio video e che quasi sempre lavora come freelancer. Per maggiore chiarezza, raggruppo tre tipologie di videomaker.
Il videomaker che lavora su commissione, ossia quella risorsa che realizza video direttamente richiesti da aziende o clienti privati. Il videomaker che lavora in maniera più autonoma e che quindi non aspetterà un cliente ma svilupperà i propri progetti.
Il videomaker che si dirotta verso le fasi di montaggio e produzione video, diventando la ciliegina sulla torta di cortometraggi, documentari e lungometraggi.
Il concetto di fare video però racchiude al suo interno una moltitudine di tipologie, tecniche e linguaggi, diverse volta per volta. Il videomaker è simile ad one man show. E’ regista, direttore della fotografia, operatore, autore, produttore, tecnico del suono e gaffer. Oltre a queste figure, si aggiungono anche quelle successive alla fase di realizzazione del prodotto video. E’ anche montatore e colorist.

Sostanzialmente il videomaker, oltre a realizzare banalmente video e a specializzarsi in alcune tipologie, traduce in immagini le esigenze del committente. Parte da un foglio bianco ed analizza una moltitudine di fattori. Dal target da colpire, a come raccontare una storia sia da un punto di vista stilistico che pratico.

Come si apre una partita iva per videomaker

Il videomaker, oltre a saper creare i contenuti video, è anche un piccolo artigiano e al suo interno curerà degli aspetti che non sono proprio il suo pane quotidiano. Molto spesso, parlando con i miei colleghi, appena tocchiamo gli aspetti burocratici, parte uno stato di agitazione, confusione ed incertezza. Talvolta però, fare delle cose è molto più semplice di quel che si crede. Basta avere le idee chiare sul proprio futuro.
Per aprire una partita iva, grazie anche alla digitalizzazione del sistema fiscale e burocratico, è abbastanza semplice ed intuitivo. Tecnicamente basta inoltrare il modulo AA9/12 all’Agenzia delle Entrate. Nel giro di poche ore quest’ultima invierà le 11 cifre che compongono il numero della nostra partita iva. Una volta ricevuto il numero, occorrerà indicare alcuni semplici dati: codice ateco, regime fiscale, iscrizione alla gestione separata dell’INPS.
E’ bene conoscere come funziona questo mondo ma è anche bene affidarsi ad un consulente del lavoro e/o ad un bravo commercialista, che magari si occupa anche delle nostre figure. Avere una figura che ci consiglia, ci monitora e in alcuni casi trova soluzioni ai nostri problemi, ci farà concentrare sul nostro scopo principale.

Quale codice ateco scegliere

Ed ora chi voglio essere? Il codice ateco non fa altro che questo. Un numero, agganciato alla nostra partita iva, che dirà a qualcun altro chi siamo e quindi cosa facciamo.
In effetti, è di importanza fondamentale scegliere il nostro codice ateco per effettuare la professione di videomaker. Da questo codice dipendono l’inquadramento fiscale e la percentuale del fatturato lordo se decidiamo di adottare il regime forfettario.
Sulla mia esperienza personale, a seconda se il nostro inquadramento sarà da libero professionista o da ditta individuale, i codice ateco più giusti saranno due:
1) 70.20.19 – Altre attività di riprese fotografiche;
2) 59.11.20 – Attività di produzione cinematografica.

Nel mio caso personale ad esempio, il mio inquadramento è da ditta individuale ed ho scelto il codice ateco 70.20.19 come attività primaria e il codice ateco 59.11.20 come attività secondaria.
Con il primo codice infatti, svolgo le mie attività di produzione video e marginalmente di fotografia, mentre con il secondo codice, svolgo le mie mansioni legate al mondo della produzione cinematografica, di consulenza e supporto per il mondo del grande schermo.

Come funziona il regime forfettario?

Molto spesso e grazie anche all’aumento della soglia del fatturato, molte partite iva scelgono i vantaggi di aderire al regime forfettario. In particolare, basta non superare la soglia degli 85mila euro e di tenere al di sotto dei 30mila euro i redditi derivanti dal lavoro dipendente o dalla pensione percepita.
Il regime forfettario, per chi si occupa di video, è l’opzione più conveniente per immergersi nel mondo del lavoro autonomo. Si ha un’imposta sostitutiva pari al 15% sul reddito imponibile, si ha la possibilità per i primi 5 anni di avere una imposta di aliquota ridotta al 5% se si è start-up e si paga l’iva sottoforma di franchigia. Inoltre, si è esonerati da studi di settore e dall’uso obbligatorio della fatturazione elettronica. Nel mio caso personale però, vista la digitalizzazione di quasi tutti gli approcci, ho deciso da inizio 2022 di aderire al processo di fatturazione elettronica.
Come pro ho avuto una semplificazione ed una velocità di esecuzione del mio processo di contabilità, a portata sempre di un click anche quando non sono fisicamente nel mio studio.

Come funziona l’INPS per i videomaker?

L’INPS per la figura del videomaker funziona in due modi, a seconda se abbiamo deciso di inquadrarci come libero professionista o come artigiano, partendo dal presupposto che è obbligatorio iscriversi alla gestione separata dell’Ente.
I contributi per i liberi professionisti iscritti alla gestione separata dell’INPS, si calcolano sul reddito imponibile e con una percentuale precisa, ossia del 25,98%.
Per le ditte individuali invece, è previsto un contributo fisso annuo, da pagare a prescindere dal reddito raggiunto nell’anno contributivo.

inps videomaker

Si può lavorare senza partita iva?

La partita iva, è uno dei pochi modi per lavorare come libero professionista ed essere quindi lontano dalle logiche del lavoro dipendente. E’ ovvio che esistono dei metodi alternativi al lavorare con la partita iva. Io stesso i primi anni, dopo aver lasciato il lavoro dipendente e prima di barcamenarmi nel mondo del lavoro fluido, ho lavorato grazie alle prestazioni occasionali e alla ritenuta d’acconto. Con il limite di non poter andare oltre i 5mila euro. Ho lavorato e lavoro in maniera sempre più occasionale, per produzioni cinematografiche che hanno deciso di assumermi a tempo determinato, diventando quindi lavoratore dello spettacolo.

Lavorare come partita iva ed avere due codici ateco che differenziano le proprie attività, è un passo che si raggiunge piano piano, senza effettuare salti nel vuoto. Calcoli alla mano, ad un certo punto, se questo è quel che vogliamo fare della nostra vita, sarà una scelta naturale.

Quanto dovrei guadagnare all’anno per essere tranquillo con gli aspetti fiscali?

Ad un certo punto tutto gira attorno ai soldi. Ancora oggi, mi scontro con domande banali: ma come vivi? Riesci a pagare le tasse? E’ davvero un lavoro che rende? Esistono domande a cui non posso dare una risposta unica o domande a cui noi tutti troviamo le risposte che ci servono.
Un videomaker, a seconda del proprio stile di vita e delle proprie aspettative e per essere tranquillo con gli aspetti fiscali, deve fatturare come minimo una cifra a partire dai 20/25 mila euro.
Questa cifra, ci darà un attimo di respiro sulle spese che il videomaker dovrà sostenere.


Nel mio caso specifico ad esempio, ho sempre scelto di non avere una sede fisica né di fare attività da studio. Il mio studio è la mia casa, ed io sono sempre in giro con le mie attività di riprese o di produzione. Questo è già un costo in meno che sostengo. Oltre ad altri aspetti, come rinnovo attrezzatura ad esempio, mi dovrò preoccupare di pagare il commercialista e le tasse del mio regime forfettario. Quest’ultime, verranno pagate con un acconto del 100% per l’anno successivo, che può essere un’arma a doppio taglio. A conti fatti, queste spese incidono circa sul 35% del mio fatturato lordo. Ogni cosa ha un prezzo ma la passione è quello che ogni giorno decide il mio destino.

SE HAI UN’IDEA E LA VUOI RACCONTARE ATTRAVERSO LE IMMAGINI, CONTATTAMI!

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